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Il Rubesco Vigna Monticchio tra passato e futuro In evidenza

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Il Rubesco Vigna Monticchio tra passato e futuro

È nel (legittimo) desiderio di continuare a migliorarsi che va inquadrata gran parte della storia recente del Rubesco Vigna Monticchio, il più importante e prestigioso dei vini prodotti da Lungarotti.

Un rosso che ha letteralmente fatto la storia non solo di una regione ma anche di una bella fetta dell’Italia del vino, basti pensare che la prima annata del Rubesco risale al 1962. Un’altra epoca. Una storia quindi che ha sì a che fare con un vigneto piuttosto unico per estensione e per posizione ma anche con la storia stessa della cantina di Torgiano, pochi chilometri a sud di Perugia.

Un rosso che da sempre si affaccia sul mercato molti anni dopo la vendemmia, la cui cifra stilistica è da ricercarsi in parte proprio in questa lunga attesa. E poi, quanto coraggio: immaginare a quei tempi un’etichetta così ambiziosa in una zona così periferica rispetto alle grandi denominazioni italiane aveva un che di visionario. Una storia, quella del Rubesco Vigna Monticchio, scandita da vini spesso memorabili, per informazioni citofonare 1988, vino incredibile di cui avevo scritto anche su PM 64.

Oggi l’occasione per parlarne è legata ad una recente visita in cantina, splendido momento per approfondire la storia più recente di questo rosso così significativo. Dalla scomparsa del Cavalier Lungarotti nel 1999 il “Monticchio” diventa infatti oggetto di alcuni piccoli cambiamenti. Variazioni che lo avvicinano sempre più alla generazione successiva in un percorso fatto di alti e bassi che si potrebbe concludere idealmente con le vendemmie del 2009 e del 2010, le prime in cui dal taglio scompare il canaiolo, varietà da sempre presente in piccola parte insieme al sangiovese. Vini che sarà possibile acquistare a partire dalla prossima primavera -nei ristoranti e nelle enoteche è oggi possibile trovare il 2008- che tradiscono un respiro particolarmente ampio, in cui è possibile toccare con mano tutta la bellezza dei migliori “Monticchio” e in cui al tempo stesso è possibile trovare una rifinitura di incredibile eleganza. Vini davvero compiuti, che poco hanno da invidiare ai migliori rossi di Lungarotti del passato.

 

Il Rubesco Vigna Monticchio tra passato e futuro
   
Jacopo Cossater

Nato in Veneto, appena maggiorenne si trasferisce a Perugia per motivi di studio. È più o meno in quel periodo che si innamora del sangiovese, completa il percorso dell'Associazione Italiana Sommelier ed apre un blog, non necessariamente in quest'ordine. Dopo aver vissuto per troppo tempo a Milano e troppo poco a Stoccolma è tornato in Umbria, dove oggi lavora. Giornalista, collaboratore della guida "I Vini d'Italia" edita da l'Espresso, scrive anche su Enoiche illusioni e Intravino, due dei più popolari wine blog italiani.

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