I forse non così inaspettati spumanti regionali In evidenza
Dopo tanti anni è arrivato per questa rubrica il momento di parlare della piccola percentuale della produzione vinicola regionale occupata dai vini spumanti.
È una questione anche numerica: la produzione vola, nel 2023 sono state 936 milioni le bottiglie di vino spumante prodotte in Italia. Una quantità̀ impressionante, che vede l’area del Prosecco con le sue denominazioni assoluta protagonista. Basti pensare che il solo Consorzio Prosecco DOC ha registrato nel 2023 la produzione di oltre 616 milioni di bottiglie, pari a un valore che si attesta attorno ai 2,8 miliardi di euro. Ai numeri del trevigiano si affiancano poi la storicità e la tradizione di denominazioni quali Trento, Franciacorta, Alta Langa, Oltrepò Pavese con vini che ambiscono a un prezzo medio (e quindi a un posizionamento) ben più alto. Non è un caso, è da queste zone che provengono alcuni dei migliori metodo classico italiani.
Non solo però, se in passato in molte regioni era infatti piuttosto raro imbattersi in vini prodotti in questa maniera oggi le cose sono molto diverse, fenomeno che ha seguito un trend di consumo - nazionale e non solo - in costante crescita.
Oggi è insomma possibile imbattersi in ottimi spumanti in quasi tutte le regioni, Umbria compresa. Ne segnalo tre, vini che dimostrano tutta l’attenzione e il talento delle persone che li hanno prodotti.
Il primo lo produce Enzo Barbi: fu suo padre, nel 1978 e in omaggio alle sue radici bresciane, a realizzare nelle grotte etrusche sotto la collina di Decugnano dei Barbi, poco lontano da Orvieto, il primo spumante della zona. Oggi sono due e quello che preferisco è il Dosaggio Zero, vino di grande finezza, slancio, definizione. Le prime annate di oltre dieci anni fa sono ancora oggi strepitose. Il secondo lo fa quello che è forse il più noto produttore di spumanti, in Umbria: Stefano Grilli da decenni sforna dalla sua cantina di Stroncone, Terni, vini di impressionante consistenza e ancora oggi dopo tanto tempo continua a sperimentare, provare, variare. Di tutta la sua produzione mi tengo però stretto quello che è il suo metodo classico più famoso e diffuso: La Palazzola Gran Cuveé in versione Brut, da uve pinot nero e chardonnay (come il precedente). Quella di Giovanni Cenci a Perugia è invece una produzione recente, limitata nei numeri e ambiziosa nel prezzo che si affianca alla ben più nota linea di vini bianchi e rossi. Il suo Pas Dosé 2019 nasce da solo uve di trebbiano e colpisce per sapidità oltre che profondità.