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Casa green... quanto mi costi!

di Francesco Asdrubali // Professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale · Università per Stranieri di Perugia

Dopo un lungo e travagliato iter, caratterizzato da molte polemiche, in data 12 aprile 2024 il Consiglio Europeo ha adottato formalmente la revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia, nota come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive). Lo scopo della direttiva è di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e pervenire alla neutralità climatica entro il 2050, in linea con il target del Green Deal europeo e con gli impegni dell’Accordo di Parigi.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, sono state fissate una serie di tappe intermedie: dal 1 gennaio 2025 non potranno essere più incentivate le caldaie a gas, a fine 2025 l’Italia dovrà presentare un piano di ristrutturazione del patrimonio edilizio, dal 1 gennaio 2028 tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a zero emissioni, mentre quelli residenziali dovranno esserlo dal 1 gennaio 2030. E ancora: 

nel 2030 il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali dovrà ridursi del 16% rispetto al 2020, percentuale che dovrà salire al 22% nel 2025.

Gli impianti solari, con diverse scadenze intermedie, dovranno essere gradualmente installati su tutti i nuovi edifici, a partire da quelli pubblici; dal 2040 inizierà l’abbandono (phase out) delle caldaie a gas e nel 2050 tutti gli edifici esistenti dovranno essere a zero emissioni.

L’Italia ha il patrimonio immobiliare più vecchio d’Europa, con quasi l’80% di edifici nelle classi energetiche peggiori, da D a G (dati ENEA), e anche se la direttiva non si applicherà agli edifici storici il conto da pagare sarà molto salato. 

Il Rapporto “Valore dell’abitare”, elaborato da Cresme- Symbola evidenzia che per rendere green 3.2 milioni di immobili, riducendo del 16% il consumo di energia entro il 2030, serviranno dai 285 ai 320 miliardi di euro. Serviranno nuovi incentivi, che dovranno essere più circoscritti e non fuori scala come il superbonus, con tempi più lunghi e soprattutto misurabili in termini di performance. Ma servirà soprattutto un cambio di passo e di mentalità epocale a tutti i livelli: amministrazioni locali, progettisti, imprese di costruzione, utenti finali. 

E in Umbria? Uno studio di qualche anno fa, condotto dall’Università di Perugia in collaborazione con la Regione Umbria, ha analizzato circa 6500 certificati energetici di edifici umbri, e ha correlato i consumi energetici con la tipologia edilizia, l’epoca di costruzione, le emissioni di CO2. Magra consolazione: i consumi medi degli edifici umbri sono inferiori dell’1,5% dei consumi medi nazionali…..