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"Io credo e amo i giovani, riconosco la loro forza incredibile" In evidenza

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"Io credo e amo i giovani, riconosco la loro forza incredibile"
Brunello Cucinelli in una lettera aperta alle nuove generazioni
Come ogni settimana, di mercoledì, il Corriere della Sera pubblica, nella sua pagina 'Lo dico al Corriere', una richiesta di lavoro da parte di un'azienda. Oggi è stata la volta di Brunello Cucinelli che, seguendo gli ideali della filosofia che contraddistingue la sua impresa, spiega cosa pensa e quale futuro vede per i giovani. Ottimistica la sua visione, infatti secondo l'imprenditore umbro c'è ancora speranza per le generazioni future alle quale si deve prestare molta attenzione, bisogna trattarle con cura. Per il re del cachemire bisogna lavorare affinché i figli abbiano il futuro che si meritano, perché saranno protagonisti del domani. Di seguito il testo completo ripreso dal Corriere.it:

"La nostra impresa è nata e cresciuta con gli ideali del valore umano e di un giusto profitto, un profitto che non danneggi l’umanità. Questo è stato e sarà in futuro il carattere immutabile che regola ogni azione della nostra azienda.
I nostri giovani sono un tesoro di umanità, di voglia di agire, di idee, di sogni, e i nostri giovani rispecchiano in pieno la grande capacità creativa che è tipica dell’Italia. Loro sono quelli che daranno vita ad un futuro di straordinaria bellezza del quale già si avvertono i primi segni gloriosi. Io credo e amo i giovani, riconosco la loro forza incredibile, una forza che dobbiamo in tutti i modi far emergere, perché saranno loro i protagonisti di domani. Noi siamo i custodi di tutto quello che esiste, ciò che abbiamo ricevuto dai nostri padri ma anche ciò che abbiamo creato. Non sono nostre le case, le opere d’arte, le strade, le città, non sono nostre le aziende. In ogni attimo della vita, del lavoro, noi dobbiamo sapere, essere profondamente consapevoli che ogni nostro gesto è per i nostri figli, e nostri figli sono un po’ tutti i giovani, come era nelle culture antiche, dove i cuccioli venivano allevati dall’intera comunità in base ai valori della tradizione e della durata del tempo. Anche per questo quei giovani diventavano poi persone pienamente umane. Noi dobbiamo essere per loro come la levatrice della Maieutica di Socrate; dobbiamo pensare alla loro vita, saranno loro a ricevere dalle nostre mani il mondo, dobbiamo fare tutto quanto possiamo perché le cose vadano nel migliore de modi.
Fino a qualche anno fa, e in certi casi ancora oggi, i giovani si avvicinavano con timore e imbarazzo al lavoro, in particolare ai lavori artigianali. Noi siamo responsabili di questo, perché effettivamente, ponevamo delle condizioni economiche e morali che deprimevano e offendevano la loro dignità di persone. Trovo bellissime le parole di Papa Francesco, che proprio a questo proposito parla di un “debito” che noi abbiamo verso i giovani. Ma siamo responsabili e debitori anche per un altro aspetto, non meno importante: in passato a volte, alla ricerca di un profitto non troppo giusto, abbiamo alterato i valori che riguardano l’impresa, concentrandoci troppo sulle macchine a sfavore della componente umana. Così facendo abbiamo danneggiato l’artigianato vero, negando la sua natura più autentica, che è quella dell’arte. Artigianato è arte. È assolutamente specifico della nostra Italia, dal nord al sud. Anche la nostra impresa, beninteso, utilizza la tecnologia più avanzata e aggiornata, ma non c’è pericolo che si lasci irretire dal mito della macchina, che rimane semplice strumento. Io so che la macchina non può sostituire la persona umana. La nostra impresa è alla ricerca di esseri umani con mani sapienti che possano coniugare lavori come: sarti, maglieriste, modellisti in modo contemporaneo e cioè utilizzando sì ago, forbici, filo ma anche laser, così da sentirsi artigiani contemporanei e nel contempo realizzarsi come persone di grande umanità e creatività, perché è di questa capacità di inventare, di essere visionari, che abbiamo bisogno. E tutto dal salario, ai rapporti umani, alla bellezza del luogo di lavoro, è stato pensato e progettato per facilitare queste qualità. Alla fine di tutto cerchiamo prima di ogni cosa delle persone perbene che si vantino di amare il mondo rispettando regole comuni e che provino il sentimento della solidarietà liberandosi dall’obbligo di avere paura, ricordandosi che il fuoco del progresso non cesserà mai di ardere.
E non cerco la specializzazione di chi sa fare un solo tipo di lavoro. Adam Smith, filosofo ed economista del XVIII secolo, pensava che la divisione del lavoro portasse vantaggi non solo materiali per tutti, ma anche soddisfazione per la singola persona, e forse aveva ragione, per quei tempi. Ma molta acqua è passata sotto i ponti, e anche lui, se oggi fosse vivo, forse rivedrebbe la sua teoria. La mia impresa non cerca la specializzazione estrema, ma ha bisogno di persone di grande umanità e creatività, perché è di questa capacità di inventare, di essere visionari, che abbiamo bisogno, e tutto, nella nostra impresa, dal salario, ai rapporti umani, alla bellezza del luogo di lavoro, è stato pensato, progettato e realizzato per facilitare queste qualità."


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