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Ne usciremo migliori In evidenza

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Le iniziative per affrontare la crisi
Un pensiero di ottimismo a cui aggrapparci per la fase post-emergenziale. Lo raccontiamo attraverso due belle storie: il Manifesto dell’Incertezza lanciato da un’artista umbra che vive a San Francisco e il rilancio del Centro Storico di Perugia che ha coinvolto i commercianti dell’Acropoli aderenti a Perusia Futura

Testo: Matteo Grandi - Brano: “Good Times” - Ghali
Immagine di Banksy




A chi continua a ripetere che ne usciremo migliori verrebbe da rispondere che in fondo i segnali non sono così incoraggianti: dagli orribili insulti social a Silvia Romano a Inail e sindacati che chiedono la responsabilità penale per il datore di lavoro di fronte a un contagio sul posto di lavoro assolutamente indimostrabile, dalle posizioni isteriche sull’Europa nel dibattito pubblico a uno Stato che, al di là degli annunci, fa fatica a mantenere le promesse. Eppure, si dice, siamo italiani e nelle difficoltà diamo sempre il meglio di noi. Aggrappiamoci alla speranza, sperando di non passare per illusi, e facciamolo raccontando due storie che hanno il sapore della positività. Una riguarda l’iniziativa di Elena Mencarelli, artista perugina di stanza a San Francisco che in questo periodo ha scritto il Manifesto dell’Incertezza; l’altra riguarda la grande operazione di rilancio delle attività commerciali del centro storico “Al Centro di Nuovo”: titolo dei video voluti e realizzati da Perusia Futura, associazione di commercianti, artigiani e cittadini del centro storico di Perugia. Un’iniziativa che si concentra su due aspetti, il “Centro” (come cuore pulsante della vita cittadina) e il “Nuovo”, (in termini di fruizione e funzione) in gradi di rilanciare il tessuto sociale, culturale ed economico dell’Acropoli.

 

IL MANIFESTO DELL'INCERTEZZA di Elena Mencarelli

“Qual è il ruolo dell’arte oggi?” è la prima delle domande sollevate da Art Seeds, un progetto artistico che si pone come piattaforma di connessione sociale e come strumento di riflessione intorno all’assurdo momento storico che stiamo vivendo. Individui in tutto il pianeta si trovano a condividere un isolamento che porta al limite la condizione dell’esistenza umana. Si pongono domande le cui risposte appaiono molto sfocate: che ne è stato della mia vita prima del Covid-19? Che ne è ora, e che ne sarà dopo?

In questa dimensione d’incertezza fare Arte è un atto urgente e necessario, equivale a reinterpretare in chiave positivo-creativa l’insensatezza dell’esistente. Ne “La volontà di Potenza” Nietzsche scrive: “La verità è brutta. Noi abbiamo l’arte per non perire a causa della verità”. Fra gli obiettivi di questo testo vi è dimostrare la validità della dichiarazione nietzchana attraverso la descrizione dell’arte da produrre durante e a seguito del Covid 19; l’atto creativo compiuto nella cornice storica attuale propone nuove prospettive sulla “verità brutta”.

Il produrre Arte e Cultura rappresenta la preghiera di chi non si accontenta delle promesse e dei dogmi del mondo, di chi soffre, di chi pensa, di chi trova carente il vocabolario della lingua comune per dar voce al proprio Io. Fare Arte ora ci salva dalle rovine del mondo che cedono rumorosamente, e l’opera d’arte realizzata fra queste macerie è un talismano che protegge la speranza. L’Arte che vale la pena realizzare nel e per il futuro è un’arte sincera e carica di significati, simbolica e dal senso collettivo, che consoli la comunità mostrandole la bellezza enunciata da Alda Merini: “La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori”.

Credo che la mancanza di senso sia uno degli elementi destabilizzanti più difficili da gestire, al momento. Credo anche che la parola “gestire” riveli la falla della civiltà contemporanea, ovvero ritenere di essere in grado di controllare l’incontrollabile, vincere l’invincibile e comprendere l’incomprensibile —la convinzione della superiorità intellettiva e fisica dell’uomo nell’universo.Il ruolo dell’arte nella società di domani sarà dunque quello di ridefinire le certezze ed incertezze dell’esistenza umana, e di celebrare i valori che si mostreranno vincenti in questo momento storico. 

L’arte del domani conserverà l’insopportabile dell’oggi e lo trasformerà in una testimonianza della vittoria della vita sulla morte, della speranza 

sulla paura. L’opera d’arte del domani sarà per i reduci cimelio da ammirare, per la generazione futura ricchezza da tutelare, per l’umanità monito da ricordare.

Qual è il luogo dell’arte”, ci chiediamo. Le misure restrittive che ci costringono reclusi e fra di noi distanti o, come nel mio caso, lontani da casa (home), stanno costruendo una nuova architettura e con essa una nuova concezione di luogo. Il luogo che ci sta ospitando (parola più appropriata di “casa” per indicare le diverse condizioni di isolamento) è diventato il nostro mondo. La città si è spostata dentro le case, musei e gallerie propongono una fruizione online, come pure le palestre. Le università e le scuole hanno chiuso le porte e si sono trasferite su Zoom e su Skype. Le nostre stanze accolgono gli aperitivi virtuali con gli amici. I balconi son diventati piazze, gli ospedali monumenti agli eroi. 

È stato così dimostrato che il concetto di “spazio adibito” è molto più malleabile di quanto si pensava. In questo modo il luogo dell’arte è un luogo nuovo; non più lo studio d’artista o i musei e le gallerie, non più le piazze, le accademie o le chiese. Il luogo dell’arte si è interiorizzato, si è fatto piccolo quanto un monolocale di 20 metri quadri e grande quanto l’universo che ci portiamo dentro.In qualità di curatrice e operatrice culturale sento il dovere di facilitare la ricerca di senso in questa dimensione profondamente incerta, stimolando la creazione di opere che aprano nuove prospettive sulla “brutta verità” e che trasformino i disagi della collettività in memorabilia. Durante la Prima e la Seconda Guerra mondiale gli artisti si riunivano in circoli che avrebbero scritto la storia dell’arte: Futurismo, Dadaismo, Surrealismo, Espressionismo… Noi non abbiamo il privilegio di incontrarci, ma possiamo continuare a scrivere questa storia a distanza divulgando l’urgenza di realizzare il tipo di arte sin qui descritta. Il mio contributo ad Art Seeds consiste nel diffondere tale urgenza nella mia rete artistica in Australia, Stati Uniti e in Europa. Spero in questo modo di riuscire, insieme ai miei collaboratori, a promuovere i valori che davvero si mostreranno vincenti per il futuro: empatia, relazioni umane, creatività.

Inoltre, offrirò un contributo materiale realizzando delle opere che riflettono sullo spazio ridefinito dall’emergenza sanitaria: “Possibilità”. Esse rappresenteranno il disagio e le potenzialità insite nel confinamento spaziale, insieme ai significati che emergono da momenti di solitudine, di speranza, di nostalgia, di solidarietà e di spaesamento in esso vissuti; significati individuali e allo stesso tempo universali. Ogni opera raccoglierà le voci della mia comunità, fungendo da luogo d’incontro e di confronto collettivo e ricontestualizzando la condizione dell’individuo in una dimensione corale. Una volta terminate le misure d’emergenza sanitaria collocherò le opere in punti strategici di San Francisco; in questo modo saranno fruibili a chiunque le noterà e vorrà fermarsi a riconoscervi il proprio vissuto.

La sola parola libertà è tutto ciò che ancora mi esalta. La credo atta ad alimentare, indefinitamente, l’antico fanatismo umano. Risponde senza dubbio alla mia sola aspirazione legittima. Tra le tante disgrazie di cui siamo eredi, bisogna ri- conoscere che ci è lasciata la massima libertà dello spirito. Sta a noi non farne cattivo uso”, André Breton.





 

Pubblicato in PM TopNews
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Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.