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Ecco come sarà suonare con Jeff Mills In evidenza

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Ecco come sarà suonare con Jeff Mills

Parlano il direttore artistico della Roma Sinfonietta e Gabriele Bonolis che si esibiranno con il famoso dj

Musica classica e musica techno si incontrano grazie al Festival dei Due Mondi. La sera dell’8 luglio lo Spoleto Festival ospiterà infatti la prima e unica data italiana di Light from the Outside World, il progetto nato dall’unione della musica di Jeff Mills e dell’orchestra Roma Sinfonietta composta da 57 elementi e diretta dal maestro Gabriele Bonolis. Il progetto è prodotto da The Roof e presentato insieme a Dancity, in collaborazione con Red Bull Music Academy. In attesa del concerto ecco cosa dichiarano il direttore artistico dell’orchestra, Luigi Lanzillotta, e Bonolis.

Luigi Lanzillotta - ROMA SINFONIETTA


Mills ha ribadito in diverse occasioni cosa significhi per lui suonare con un’orchestra sinfonica. Quello che non sappiamo però, è l’altro punto di vista, il vostro. Cosa significa per voi suonare con un dj della musica techno?

Roma Sinfonietta ha al suo attivo molte collaborazioni con grandi artisti di vari generi musicali. Oltre a quello classico e lirico, collabora anche con Bocelli, Jovanotti, Baglioni, Antony & the Jhonson, Piovani, Morricone, Bacalov e altri ancora. La collaborazione con Jeff Mills è molto intrigante perché questo abbinamento è innanzitutto particolarmente coraggioso e senza dubbio porterà a un risultato “eccitante”. La melodia e il ritmo che si alternano nei vari brani attireranno l’attenzione del pubblico perché sono i due elementi fondamentali per il successo di una composizione.

Ad oggi, quello che è certo è che vi esibirete durante il Festival dei Due Mondi a Spoleto con Light from the Outside World, uno spettacolo che unisce musica techno e musica sinfonica. Oltre al presente, però, vedete anche un futuro per questa commistione tra i due generi musicali suonati, di solito, in luoghi strutturalmente e concettualmente distanti?

Io credo di sì. Le faccio un esempio: credo di essere in Italia uno dei pochi musicisti che ha sempre creduto nei valori della musica per il cinema. Con Roma Sinfonietta, che è nata nel ’94 sulle ceneri della chiusura dell’orchestra sinfonica della Rai (Torino,Roma, Milano, Napoli), abbiamo contribuito a far conoscere la musica per il cinema che è, a mio avviso, “musica classica”, tant’è che abbiamo seguito in tutto il mondo Ennio Morricone, oltre a Bacalov, Piovani ecc. Sono convinto che anche questa produzione con Mills avrà un grande futuro.

Questa è anche un’occasione per coinvolgere una fetta di pubblico diversa rispetto a quello che vi segue abitualmente. Pensate possa essere un primo passo per avvicinare questo pubblico alla vostra musica?

Questa combinazione musicale va verso nuove generazioni. In pratica, potrebbe considerarsi la musica 2.0, quella del nuovo millennio. Nella vostra biografia si leggono numerose collaborazioni con artisti e istituzioni importantissimi del panorama italiano e internazionale.

Il Festival dei Due Mondi, quindi, è solo l’ultima. Cosa significa per voi suonare all'interno di questa cornice?

Io ho già suonato, come violoncellista, al Festival del Maestro Menotti in un concerto, dedicato a Villa- Lobos, che aveva come direttore artistico Giorgio Vidusso. Per me, comunque, questo è un ritorno splendido, un po' come tornare indietro di qualche decennio, e mi auguro che il prossimo anno ci saremo ancora.

 

GABRIELE BONOLIS


Cosa cambia nel dirigere un'orchestra all'interno di una performance che fonde musica sinfonica e musica elettronica?

La differenza principale consiste nel coniugare le esigenze ritmiche della sezione elettronica gestita da Mills con la fisiologia degli strumenti acustici che devono conformarsi necessariamente a una regolarità gestita elettronicamente, quindi gestita dalle macchine. Ovviamente per un musicista classico, suonare con questo vincolo non è semplice perché siamo abituati a una certa libertà di respiro, a fraseggiare e quindi ad esprimere in maniera non vincolata da un click del pc. Tuttavia, l’orchestra Roma Sinfonietta e anche il sottoscritto abbiamo lunga esperienza in musica da film, in cui chiaramente si suona con il click in cuffia e quindi siamo abbastanza abituati a essere costretti in una dimensione ritmica serrata.

Pensa che questo concerto possa essere un punto di partenza per avvicinare una nuova parte di pubblico e per un'evoluzione futura dell'unione di questi due generi, la musica sinfonica e quella techno, di solito considerati distanti?

 Sicuramente il traino di un genere che ha grande successo com’è quello della techno è un forte richiamo per generazioni più giovani, meno brizzolate diciamo. Tra l’altro, in questo programma sono presenti delle pagine sinfoniche di musica assoluta, dove la ritmica non entra volutamente nel discorso della partitura. Questi 3, 4 brani che Mills ha composto per dare luce alla parte sinfonica pura permettono, a chi si avvicina per la prima volta a un’orchestra sinfonica, di apprezzarne le peculiarità specifiche, salvo poi compiacersi anche della combinazione dei due blocchi sonori.

Lei è stato il primo musicista a dirigere un concerto sinfonico nelle stazioni della nuova Metro C di Roma: un evento senza dubbio di grande impatto. Cosa ne pensa della scelta del Festival dei Due Mondi di inserire una performance certamente non comune, che fonde due generi tanto diversi come sono la musica techno e quella sinfonica, in prima esclusiva nazionale?

L’apertura a 360 gradi verso tutte le forme d’arte, in questo caso musicali, e la sperimentazione, credo siano un atto meritorio di lodi, perché coraggioso. Questa è una scelta che supera le vetuste barriere e tutti gli steccati che purtroppo il mondo accademico spesso ha posto tra i vari generi musicali, quindi il mio giudizio non può che essere positivo. Oltretutto, dirigere un concerto di questo genere, nonostante richieda un’enorme attenzione, è anche molto divertente, perché c’è questo flusso travolgente del ritmo che è un grande stimolo.

Lei ha già collaborato negli anni passati con il Festival dei Due Mondi. Che effetto le fa essere una presenza costante negli anni in una manifestazione che è in continua evoluzione?

Ho cominciato a lavorare per il Festival sotto la direzione artistica del maestro Ferrara. Il primo incarico è stato per Gogo No Eiko di Hans Werner Henze, per la regia dello stesso Ferrara, in cui io ero sia assistente per la revisione partitura, sia assistente del direttore d’orchestra Debus. L’anno successivo, poi, è stata la volta di un’esperienza magnifica dal punto di vista formativo, perché sono stato direttore di produzione di “Amelia al ballo” di Giancarlo Menotti. Questo per dire che il Festival mi ha dato la possibilità di lavorare in tutti gli ambiti della produzione, cosa che si è rivelata essere un’esperienza fondamentale per il proseguo della mia attività di direttore in teatro. È anche grazie a questo, infatti, che ora riesco a tener conto di tutte le componenti, anche quelle che non sono legate in maniera stretta all’aspetto musicale, ma che hanno comunque un’importanza fondamentale per la riuscita dell’opera. Naturalmente, al Festival sono legati anche bellissimi ricordi: uno su tutti è quello in cui ho accompagnato il maestro Ferrara a Londra per scegliere i protagonisti dell’opera “Il giro di vite” di Britten.