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La meglio mostra d'Italia

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Fino all'11 giugno
L’esposizione dedicata al Perugino per il cinquecentenario della sua morte alla Galleria Nazionale dell’Umbria è meraviglia pura.

Son trascorsi 500 anni da quando Piero di Cristoforo Vannucci morì a Fontignano a causa di un’epidemia di peste che colpì il paese in quegli anni. Le sue spoglie sono custodite qui, nella nostra terra, perché il Divin Pittore è il simbolo di questa splendida Umbria, piena di arte, cultura e bellezza.


E così, a 500 anni dalla sua morte, hanno avuto inizio le celebrazioni per omaggiare questo grande artista come merita il cui evento di punta è la grande mostra della Galleria Nazionale dell’Umbria e curata dal suo direttore Marco Pierini e dalla conservatrice del museo Veruska Picchiarelli: Il Meglio Maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo.






Una mostra che vede la collaborazione tra la GNU e i più importanti musei nazionali e internazionali, come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Musée des Beaux-Arts di Caen, la National Gallery di Washington, in una vera e propria partnership scientifica, che restituisce a Perugino, assoluto protagonista del Rinascimento, il ruolo di preminenza artistica che il suo pubblico e la sua epoca gli avevano assegnato, attraverso prove capitali della sua produzione, dalla formazione fino allo Sposalizio della Vergine del 1504, ovvero nel momento in cui si trovava all’apice della sua straordinaria carriera.




Il progetto espositivo, composto da quasi settanta opere, ha scelto d’individuare solo dipinti del Vannucci antecedenti al 1504, anno nel quale egli lavorava a due commissioni che segnano il punto più alto della sua carriera: la Lotta fra Amore e Castità già a Mantova, ora al Louvre di Parigi, e soprattutto lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen (Francia).



La mostra dà conto, nella maniera più completa possibile, dei passaggi fondamentali del suo percorso: dalle prime collaborazioni nella bottega di Andrea del Verrocchio alle capitali imprese fiorentine che fecero la sua fortuna (come ad esempio le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi nelle Gallerie degli Uffizi, o la Pala di San Domenico a Fiesole); dagli straordinari ritratti alle monumentali pale d’altare, quali il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington, e il Polittico della Certosa di Pavia, per gran parte alla National Gallery di Londra ed eccezionalmente ricomposto per l’occasione.

L’esposizione riflette sul ruolo che il Vannucci ha effettivamente svolto nel panorama artistico contemporaneo grazie al rapporto che lo ha legato ai protagonisti di quell’epoca, seguendo geograficamente gli spostamenti del pittore o delle sue opere attraverso l’Italia.




È sorprendente, infatti, come Perugino abbia lasciato tracce profonde del suo magistero in tutte le località della penisola toccate dalla sua attività, da nord a sud, a iniziare ovviamente dall’Umbria e dalla Toscana, teatri per eccellenza del suo lavoro, nonché sedi delle sue botteghe di Perugia e Firenze.

La fondamentale impresa decorativa della Cappella Sistina, ad esempio, è alla base di un filone umbro-laziale del ‘peruginismo’, che trova interpreti sublimi in personaggi quali Antoniazzo Romano, o Antonio da Viterbo detto il Pastura.

È una mostra che incanta, che cattura, che innamora. Una mostra che testimonia la grandezza di questo artista e che racconta la meraviglia della sua opera.