Uso dei cookie

Questo sito non fa uso di cookie per la profilazione in prima persona.
Questo sito fa però uso di cookie tecnici. Questo sito utilizza inoltre embed di codice e servizi esterni. Nell'informativa estesa sono disponibili i link alle terze parti ove negare i cookies dei terzi che possono profilare se attivati dall'utente sul sito del terzo.
Procedendo nella navigazione o cliccando su "Accetto" si acconsente all'uso dei cookie.


Policy Accetto

A+ A- T+ T-

I Melancholia, PM ha incontrato la band rivelazione di Foligno

Scritto da 
0
|| || ||
Passione, sacrifici e una nuova visione della musica: “Siamo stati un anno in studio a lavorare, sperimentando e spingendoci verso nuovi orizzonti. Non vediamo l’ora di tornare”
Testo: Alessandro Cascianelli - Brano: “Venom” - Melancholia

Se la musica fosse un cocktail, il loro sarebbe composto da tanti ingredienti: una base di pop, un po’ di rock e un pizzico di rap, per rendere il gusto inconfondibile. Si chiamano Melancholia e sono una band che si sta facendo strada nel panorama musicale italiano e internazionale, partendo da Foligno, il centro del mondo e, in questo caso, anche della buona musica. Il progetto musicale è nato nel 2015 dall’unione di tre menti: quella di Benedetta Alessi (voce), Fabio Azzarelli (tastiera) e Filippo Petruccioli (chitarra). In poco tempo la formazione folignate ha attirato l’attenzione di molti addetti ai lavori, grazie anche alla partecipazione a diverse rassegne molto rilevanti su scala nazionale e non solo, come l’Emergenza Festival dove si sono imposti davanti a 1700 band provenienti da tutto il mondo. Ora, dopo un anno di lavoro in studio, stanno per ritornare sulla scena con un disco che li descrive perfettamente e che racconta il sogno di tre ragazzi di provincia, che amano la musica in tutte le sue sfumature.


Come è nato il vostro progetto musicale?

È nato dalla voglia di realizzare alcune cover tastiera e voce, all’inizio le facevamo in modo molto artigianale in un piccolo corridoio con una vecchia tastiera e una chitarra acustica. Poi fare musica ci piaceva sempre di più e abbiamo deciso di comprare degli strumenti più professionali e di creare un piccolo studio, la nostra “caverna”, che tuttora usiamo per provare e concepire nuove idee.


Il nome Melancholia evoca un immaginario molto scuro, perché l’avete scelto?

È il messaggio che è nascosto in ogni pezzo, è quella parola che non viene mai detta, ma che c’è sempre. È un’evocazione rappresentativa del nostro essere, significa “umore nero” ed è un po’ il mood dei nostri brani e del nostro sound. La cosa buffa è che l’abbiamo scelto in un modo piuttosto casuale e simpatico: un giorno sfogliando il libro di filosofia delle superiori l’abbiamo letto e da lì ce lo siamo cuciti addosso.



La vostra musica è un mix di vari generi, quali sono le vostre influenze musicali?

Veniamo da tre mondi musicali molto diversi, sicuramente la linea che ci ha uniti è stata la passione per i Twenty One Pilots, un gruppo statunitense che in ogni album ha fatto della contaminazione di generi la propria arma vincente. Guardando i nostri ascolti, si trova di tutto: c’è chi va sul classico e ascolta il cantautorato italiano come Venditti, chi invece ama la musica internazionale e preferisce i Muse o i Red Hot Chili Peppers e chi, infine, è più legato all’underground e spazia dalla black music all’elettronica pura.


Finora avete sempre pubblicato pezzi in inglese, cosa c’è dietro a questa scelta?

Scrivere i testi in inglese nasce da un’esigenza prettamente artistica: è più semplice, soprattutto se si pensa agli aspetti più tecnici, come ad esempio la metrica. Poi la lingua inglese si sposa benissimo con il nostro sound e con l’emozioni che vogliamo trasmettere, ormai la usiamo con grande naturalezza.


Avete mai pensato in un’ottica futura di scrivere qualcosa in italiano?

Certamente, ci piace sperimentare e metterci in discussione. L’inglese, a livello artistico, è il nostro habitat ideale, ma siamo aperti a tutto e, probabilmente, in futuro proveremo a mettere nei testi anche qualche strofa in italiano. 




Il vostro ultimo brano risale al 2018, come mai siete stati fermi per tutto questo tempo?

Dopo aver pubblicato i primi pezzi del nostro progetto, abbiamo deciso di prendere il lavoro più seriamente per migliorare e per proporre qualcosa di ancora più innovativo. Ci siamo rinchiusi in studio e ci siamo affidati ai grandi professionisti di Urban Records e alla preziosa supervisione di Mauro Formica per costruire un album che rappresentasse al meglio il nostro percorso.


Siete partiti da una città di provincia, che ostacoli avete incontrato?

La difficoltà principale è farsi notare al di fuori dei confini umbri: trovare le opportunità giuste è tutt’altro che scontato e spesso serve molto tempo per crearle. Noi, ad esempio, sin da subito abbiamo puntato molto sui live, suonando tramite dei festival sia a Roma che a Milano e questo, con il passare del tempo, si è rivelato un punto di forza.


Invece, c’è qualche lato positivo?

Assolutamente sì, partiamo dalla dimensione live: in estate in Umbria ci sono molti piccoli festival in cui si può suonare, anche se si è degli emergenti. C’è molto fermento, proprio perché d’inverno è più difficile trovare eventi con tanti artisti live e quindi tutto si riaccende, con gli occhi puntati sulla musica. Un’altra grande fortuna è che la provincia è uno stato mentale perfetto per creare: la quiete ti permette di riuscire ad esprimerti, tirando fuori tutte le tue particolarità.


Siete in tre, qual è la chiave per mettere d’accordo tre visioni della musica diverse?

I nostri pezzi nascono dall’arte dell’improvvisazione: in sala prove è una costante jam session, un bombardamento continuo di idee. Ormai abbiamo trovato un nostro metodo: suoniamo per ore, finché non arriva l’incastro giusto tra parole, sound e melodia. In questo sicuramente conta molto anche l’amicizia che ci lega, siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda e tra di noi c’è molta sincerità: quando qualcuno propone qualcosa, non abbiamo paura di dire “fa schifo” e questo fa la differenza.



Che cosa dobbiamo aspettarci dal vostro futuro?

Abbiamo un disco pronto e non vediamo l’ora di farlo uscire. Il nostro sogno più grande è riuscire a vivere di musica, in particolare ci piace molto suonare dal vivo, perché ci fa proprio stare bene. Esibirci davanti ad un pubblico, viene prima di qualsiasi cosa, anche dei soldi e del successo: vedere tante persone che capiscono cosa vuoi esprimere con le tue parole, è sempre un’emozione fortissima, soprattutto quando sei davanti ad un microfono a fare ciò che ami.

I Melancholia, PM ha incontrato la band rivelazione di Foligno
   
Pubblicato in Rivista
Etichettato sotto