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Letizia Spigarelli, storia di un’architetta di indiscusso talento In evidenza

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Da Gubbio a New York, passando per Milano

Testo: Sofia Lattanzi
Brano: “Meraviglioso” - Domenico Modugno


“Lapassione per l’architettura mi è stata trasmessa dalla famiglia. Sono cresciuta in un ambiente in cui c’è sempre stata questa mentalità progettuale del fare e dell’ideare”




Casa, New York


Della sua passione ne ha fatto una professione. Vive tra l’Italia e New York, dove ha fondato un suo studio di architettura, stiamo parlando della talentuosa architetta Letizia Spigarelli. Originaria di Gubbio, si è trasferita a Milano dove ha studiato architettura al Politecnico, per poi volare a New York per degli importanti progetti lavorativi. Letizia ci ha raccontato del suo percorso, di alcune esperienze significative e dei progetti che ha ora in atto.

Come è nata la tua passione per l’architettura?
La passione per l’architettura mi è stata trasmessa dalla famiglia. Sono cresciuta in un ambiente in cui c’è sempre stata questa mentalità progettuale del fare e dell’ideare. L’arte mi ha stimolato un’enorme curiosità sin da bambina, infatti a scuola la mia materia preferita era proprio educazione artistica. Amavo poter esprimere la mia creatività attraverso l’uso del colore.



Ristorante, New York

C’è stato un momento in cui hai capito che della tua passione ne avresti fatto la tua professione?
Per me è sempre stata una certezza. Probabilmente il momento in cui l’ho realizzato, però, è stato quando da bambina osservavo i miei genitori mentre ristrutturavano la loro casa di campagna e io ne ero affascinata.

Quali sono tre cose ami e tre che non ti piacciono del tuo lavoro?
La prima cosa che amo è il colore, perché è una parte fondamentale della progetta- zione, grazie a questo si riesce a creare lo spazio, donare energia e serenità in un ambiente. La seconda è il rapporto con il cliente e la terza la collaborazione con il mio team. Tra le cose che non mi piacciono ci sono senza dubbio i ritardi, perché ne basta uno solo per bloccare un intero lavoro. Un’altra cosa che non sopporto sono i contrattempi, che, purtroppo, possono capitare e per questo bisogna avere prontezza mentale per risolverli. La terza cosa che non mi piace è il fuso orario: lavorando tra due continenti non è sempre facile conciliare gli orari.

Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere la tua professione?
Fare sempre tante domande, perché comunicazione e condivisione sono alla base di un buon progetto. Devono armarsi anche di molta pazienza, perché è un lavoro che richiede tanto tempo e come ultimo fare ‘un esercizio verso la bellezza’. Al giorno d’oggi è facile essere bombardati dalla negatività, per questo bisogna guardare il mondo con occhi freschi e lasciarsi ispirare captando tutto ciò che c’è di bello intorno a noi.



Casale, Umbria

Come si instaura, secondo te, un buon rapporto lavorativo con il cliente?
Credo che la chiave stia nel sapersi ascoltare vicendevolmente.

Nella tua vita hai già vissuto in diversi luoghi (Gubbio, Milano, New York, Australia). Questi hanno influenzato la tua creatività?
Sì, non solo le città in sé, ma tutto il contesto. Ogni luogo è unico soprattutto per le persone che si incontrano. Grazie all’esperienza australiana, ad esempio, nel 2017 ho avuto l’opportunità di attraversare il deserto da Uluru a Sydney, dormendo in un sacco a pelo per svariate settimane ed è stato fantastico.

Tra la tua rosa di esperienze lavorative spicca quella al Museo Americano di Sto- ria Naturale di New York, come la descriveresti?
È stata la mia prima esperienza lavorativa dopo aver conseguito la laurea. Inizialmente sarei dovuta rimanere solo quattro mesi, ma poi hanno deciso di prolungarmi il visto. Appena arrivata credevo di dover soltanto osservare per apprendere, invece fin da subito mi hanno commissionato dei disegni. Grazie a quell’esperienza ho avuto modo di approfondire temi di varia natura.

 


“Il mio è un lavoro che richiede di fare ‘un esercizio verso la bellezza’. Bisogna guardare il mondo con occhi freschi e lasciarsi ispirare captando tutto ciò che c’è di bello intorno a noi”



 
Priori Secret Garden


Come è nata l’idea di aprire il tuo studio Atelier Spigarelli? L’opportunità è arrivata a New York nel 2017, quando ho incontrato il mio primo cliente: un imprenditore di origini italiane che viveva lì da tempo e possedeva una catena di ristoranti. Io e la mia ex collega abbiamo vinto l’appalto per la creazione di un suo ristorante nell’East Village. Dopo quel lavoro si sono succedute altre occasioni e mi sono decisa ad aprire il mio studio. Atelier Spigarelli per me rappresenta un ponte tra l’Italia e l’America.

Ci parli dell’esperienza di restauro del Priori Secret Garden?
Un giorno le tre proprietarie dell’hotel mi hanno chiamata per chiedermi se volessi imbarcarmi in questa impresa. L’idea è nata in piena pandemia e io l’ho presa come un’occasione per ricominciare dopo questo stop. La prima fase di progettazione l’ho fatta da New York e solo in seguito ho potuto recarmi nel cantiere di lavoro. C’è stato un grande studio dentro, ad esempio ho studiato minuziosamente il quadro La consegna delle chiavi del Perugino per utilizzare poi i suoi colori nelle camere. Alla base di questo progetto c’era il desiderio di far diventare questa struttura un lifestyle hotel, ovvero ‘ad uso e consumo’ non solo degli ospiti, ma anche dei cittadini, per questo è stato ideato il rooftop dove poter fare un aperitivo.

Hai in ballo altri progetti lavorativi nel territorio umbro?
Sto lavorando al bistrot del Priori Secret Garden, che aprirà a breve e di recente ho completato una country house con una piccola abitazione su di una torre medievale a Gubbio.

Come vedi Perugia da qui a dieci anni?
Mi piacerebbe che venga conosciuta sempre di più all’estero e che le scene artistica e creativa prendano sempre più piede. Perugia ha una grande ricchezza di cui deve fare tesoro: gli studenti universitari.

 
Priori Secret Garden