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La guerra non è sostenibile

di Francesco Asdrubali // Professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale · Università degli Studi Roma Tre

“Putin ha fatto fuori anche Greta”, titolava in maniera molto efficace l’Huffington Post il 25 febbraio, giorno immediatamente successivo all’invasione dell’Ucraina, a significare che con la guerra il dittatore russo ha anche inferto un terribile colpo alle battaglie ambientaliste. La guerra è senza dubbio l’attività più distruttiva e meno sostenibile che la specie umana abbia mai inventato.

Oltre al tragico costo umano rappresentato da migliaia di vittime e da milioni di profughi, la guerra tra Mosca e Kiev sta distruggendo città, palazzi, infrastrutture e sta causando enormi danni ambientali, diretti e indiretti, che purtroppo si protrarranno per molti anni dopo la fine del conflitto. Secondo il Conflict and Environment Observatory (Ceobs), un’organizzazione che mira a educare il pubblico sulle conseguenze ambientali e umanitarie dei conflitti armati, l’impatto ambientale delle guerre è ingente e comincia molto prima che esse abbiano inizio. Costruire e tenere attivi gli armamenti prima e poi spostare sui territori le forze militari consuma infatti enormi quantità di risorse, sia energetiche (combustibili fossili, molto inquinanti), che materie prime, dai metalli comuni alle terre rare, utilizzati per le armi, i missili e le bombe.

Ci sono poi i danni ambientali diretti sugli ecosistemi. Tra Russia, Bielorussia e Ucraina c’è la Polesia, un’area umida che per il grande valore naturalistico è detta l’Amazzonia d’Europa e la guerra ne sta minando la biodiversità.

Si stima che l’Ucraina, pur rappresentando solo il 6% del territorio del continente europeo, possieda ben il 35% in termini di biodiversità. Il rischio di inquinamento ambientale nei territori interessati è elevatissimo. Gran parte dei combattimenti si stanno svolgendo in aree urbane come Kiev, Kharkiv e Mariupol, dove stabilimenti industriali, installazioni militari e depositi di rifiuti radioattivi sono finiti sotto il fuoco dell’offensiva russa; il conflitto ha coinvolto anche le centrali nucleari di Chernobyl e Zaporizzja; quest’ultima è la più grande d’Europa. Oltre ai rincari relativi al gas e ad altre materie prime (l’Ucraina è da secoli il granaio d’Europa), preoccupazioni sorgono anche per gli approvvigionamenti di materie prime fondamentali per la green economy: neon, nichel, platino (importanti per la produzione di circuiti elettronici, batterie delle auto elettriche, marmitte catalitiche, celle a combustibile) provengono in maniera significativa da Ucraina e Russia.

Danni significativi arriveranno anche dallo stop alla scienza, per la fine del clima di collaborazione tra nazioni, indispensabile per l’attuazione degli accordi sul clima: ad esempio sono già state interrotte delle missioni scientifiche sul permafrost siberiano. Dall’Umbria, terra di San Francesco e di Aldo Capitini, non può che arrivare un accorato appello affinché vi sia al più presto la pace.