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L'analfabetismo fotografico di Zouhair Bellahmar In evidenza

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Ogni scatto racchiude una parte di se stesso: un elemento, un segno è sempre presente a richiamare l’autore

Testo: Isabella Zaffarami - Brano: “A Sky Full of Stars” - Coldplay

Egocentrico, determinato, ma anche sensibile, appassionato e con una storia e una personalità particolari e complesse. Per raccontare le sue foto basta raccontare lui, Zouhair Bellahmar, giovane tuderte che in ogni scatto mette un pezzettino di se stesso e che nel fotografare non sopporta imposizioni, vincoli e confini. Utilizza la macchina fotografica per sfogare le sue emozioni e la sua creatività, ma senza accettare di ingabbiarla in schemi precostituiti. Zouhair si è avvicinato alla fotografia dopo un episodio molto particolare e intenso. 



Utilizza la macchina fotografica per esprimere le sue emozioni e la sua creatività, senza mai accettare di ingabbiarla in schemi precostituiti





Figlio di genitori separati, non ha ricordi di quando la madre e il padre stavano insieme. 

Circa 10 anni fa, per caso, ritrova una loro vecchia foto e questo provoca in lui un’emozione fortissima, incontenibile.

Era una foto scattata senza un motivo particolare - spiega - e fatta anche abbastanza male, ma nonostante questo è stata in grado di colpirmi, di sconvolgermi, di farmi piangere. Questo evento mi ha permesso di sperimentare quale sia il potere delle immagini: anche una foto bruttina e che nel momento in cui viene scattata non ha un significato particolare, può trasformarsi in un oggetto prezioso e straordinariamente importante. Nella fotografia ho trovato il mio metodo espressivo e il canale giusto per sfogare la mia energia. Fare una bella foto mi appaga - racconta Zouhair - è qualcosa che faccio innanzitutto per me stesso, per dar vita a qualcosa di personale ed esclusivo”.



Analfabetismo fotografico dalla z alla a”, così definisce il suo modo di fotografare: “il processo inverso dell’alfabeto, dalla fine all’inizio, perché sono una persona partita dal basso e che si sta facendo da sola, senza l’aiuto di nessuno”. La z e la a sono anche le lettere con le quali inizia e finisce il suono del suo nome, un nome che si traduce in “fiore che sboccia”. Ed ecco quindi i fiori che così spesso compaiono nei suoi scatti: un elemento, un segno, per richiamare l’autore. Zouhair ha iniziato a scattare da autodidatta, senza conoscere quasi nulla di teoria e tecnica della fotografia. In mano quella Nikon D5000 tanto desiderata e acquistata non senza qualche sacrificio. 


Allenavo l’occhio alla bellezza fotografica - spiega - Un giorno in piazza a Todi c’era un signore che vendeva palloncini. Mi sono avvicinato e gli ho chiesto di poter fare qualche foto di lui e dei suoi palloni. Mi ha detto di sì e così ho fatto diversi scatti. Riguardandoli ho notato una cosa che per me è stata straordinaria: in un’immagine c’era una nuvola che sembrava disegnare un sorriso. Ho letto questa cosa come un segno, uno stimolo ad andare avanti per questa strada e quella foto, ancora oggi, è molto importante per me”.


In seguito sono arrivati anche i corsi, lo studio, la formazione e le esperienze in Italia e all’estero. Tra i viaggi più importanti certamente quelli in Africa, terra di origine del padre: qui si definisce e si forgia la sua identità. Tra Italia e Marocco, il suo punto di vista è così particolare anche perché è il frutto della contaminazione tra la sensibilità e la cultura occidentali e quelle mediorientali. “Metà pizza, metà cous cous” ironizza Zouhair. Poi due anni trascorsi a Parigi a cercare di conoscere i fotografi più famosi e a fare esperienze in affermati studi di fotografia, ma facendo allo stesso tempo lavori di ogni tipo per potersi mantenere.

E ancora le esperienze a Nantes, Berlino, Bruxelles. I ritratti e le architetture sono i soggetti immortalati più di frequente, ma è difficile racchiudere le opere di Zouhair in uno o più generi fotografici.



Amo tutti i tipi di fotografia - racconta - e soprattutto amo fotografare quello che mi appassiona nel momento in cui lo faccio, senza schemi e imposizioni. La fotografia per me è questo, un mezzo rivoluzionario, in grado di mascherare e smascherare, di far cambiare idea alle persone, di raccontare storie. Questo ultimo aspetto mi piace soprattutto: ogni foto per me racconta una storia diversa e allo stesso tempo racconta la mia storia. Ogni scatto racchiude una parte di me e c’è ancora molto da scoprire e da svelare. Non so come sarà il mio futuro - continua Zouhair - ma so che sarà con una macchina fotografica in mano: non ho un piano B insomma. Oltre alla fotografia amo l’arte e interpreto ogni mio scatto proprio come una forma di arte. Per questo desidererei collaborare un giorno con artisti acclamati, i miei punti di riferimento sono Maurizio Cattelan e Banksy: se devo sognare voglio farlo in grande”.

ZOUHAIR BELLAHMAR
zuer41.wixsite.com/zouhairbellahmar
FB: Zouhair Bellahmar / IG: zouhair_bellahmar

Isabella Zaffarami

Moglie e mamma, prova a fare anche la giornalista. Molto curiosa, abbastanza coraggiosa e un po’ capricciosa. È spesso in ritardo, ma solo perché odia aspettare. Ama il giallo, le margherite, il mare e il tiramisù. Un tempo amava dormire fino a tardi, oggi ama andare a letto presto. Ama la sua città, Todi. Ama le parole, quelle già scritte e quelle ancora da scrivere.