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350mila spettatori in quasi 3mila spettacoli monitorati, dal 15 giugno all’inizio di ottobre. Un solo caso di contagio da Covid-19. Oggi 22 ottobre, mentre scrivo queste righe, lo spettacolo dal vivo sembra il “luogo” più sicuro del mondo.

Eppure, quando tu leggerai queste stesse righe, l’incertezza a cui è condannato dal fenomeno epocale che stiamo attraversando potrebbe di nuovo congelare quell’intero universo come qualche mese fa.

Mesi in cui le “attività non essenziali” sono state le prime a doversi fermare. E abbiamo letto libri, guardato film, ascoltato musica in perfetta solitudine. Mentre gli altri scrivevano, si esercitavano, suonavano, nella stessa immobilità solitaria. La condivisione era improvvisamente diventata la principale minaccia per la salute collettiva. Quando lo spettacolo dal vivo ha provato a ripartire, gli addetti ai lavori – dalle maestranze agli artisti – portavano sulle proprie spalle una responsabilità gigantesca, che hanno saputo onorare e che il pubblico ha compreso.

Il primo concerto dopo mesi e non me ne rendo neanche conto, nel calore che sembra ancora timido di quel luglio abituato alla frenesia di Umbria Jazz. Anche a noi, che dovremmo catturare immagini e momenti del live, non è concesso di muoverci liberamente e veniamo confinati ai piani alti, ma dalle finestre del Rettorato quella che sembrava una limitazione diventa una prospettiva privilegiata: siamo faccia a faccia con i musicisti abbarbicati sui rami del cedro secolare e finalmente realizzo che sto di nuovo ascoltando e guardando altri esseri umani che fanno la cosa che amo di più, la musica. 

E l’estate è un breve diario di momenti irripetibili in cui la magia è stata sempre imbrigliata dal controllo. È difficile tenere a bada un dj che da sei mesi non incendia le folle, ma il mio padrino spirituale e io restiamo seduti ligi al dovere nel buio della Rocca di Fano, mentre lasciamo che una giungla di suoni ci avvolga e ci scuota anche se immobili. Nessun obbligo di mascherine all’aperto ancora ad agosto, ma arriva Enrico Rava nel soundcheck rovente delle tre del pomeriggio perugino e per tutelare il maestro tutti si fanno trovare a volto coperto, come un manipolo di banditi che all’improvviso decidono di rigare dritto. 

Mascherati, distanti, sanificati, il popolo dello spettacolo dal vivo ha comunque saputo vivere la condivisione, tra chi dà l’arte e chi la riceve, che in questi momenti difficili ha avuto anche il significato di rispetto reciproco.


foto Marco Giugliarelli 

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