Stampa questa pagina

LUCA RONCONI, L'UMBRIA PERDE UN AMICO

Scritto da 
0
LUCA RONCONI, L'UMBRIA PERDE UN AMICO
Domenica 22 Febbraio
La cultura, ormai, tira meno di una giornata di saldi in un centro commerciale. Fagocitati dalla tv e divorati dal futile abbiamo optato, con la lucidità di una colonia di cercopitechi, per l'intrattenimento fast food, quello in cui già la visione di un cinepanettone al cinema richiede uno sforzo di concentrazione superiore alla media. Per non parlare dei libri: campo nel quale le concessioni massime siamo disposti a concederle a libri di cucina (non a caso sempre in vetta alle classifiche di vendita), a cinquanta sfumature di Harmony in salsa sadomaso e all'immancabile Fabio Volo, fermacarte di culto nella casa di ogni intellettuale 2.0 che si rispetti. In questo contesto preapocalittico parlare di teatro è come parlare di tasse a casa di un cittadino greco. Eppure la scomparsa di Luca Ronconi, fra i più grandi registi teatrali dell'ultimo secolo, uomo che ha dedicato l'esistenza alla cultura e all'arte, è una notizia che porta il buio. E che lascia un vuoto ben più profondo dell'indifferenza con cui l'italiano medio si relaziona al palcoscenico. La sua visione del mondo aveva fatto scegliere a Luca Ronconi l'Umbria come dimora d'eccezione. Qua aveva fondato il suo centro teatrale Santa Cristina e qua viveva nel suo casolare di Gubbio ristrutturato dall'amica Gae Aulenti. Anche l'Umbria, insieme a un amico perde un tesoro.
LUCA RONCONI, L'UMBRIA PERDE UN AMICO
   
Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.