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L’Architetto dell’Effimero, Pier Luigi Pizzi

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L’Architetto dell’Effimero, Pier Luigi Pizzi
Lasciarsi sedurre dal fascino del teatro
Scenografo, regista, costumista. Televisione, cinema, ma soprattutto tanto teatro, di prosa e lirico: parliamo del maestro Pier Luigi Pizzi. Una carriera superba, un’attività instancabile, tantissimi spettacoli e alti riconoscimenti in Italia e all’estero.

Dopo il debutto nel 1951 come scenografo allo Stabile di Genova con Léocadia di Jean Anouilh, per la regia di G. C. Castello, proseguì presso il Piccolo Teatro di Milano, spaziando tra teatro e opera, tra Pirandello e Rossini, tra Moliere e Wagner, curando scenografie e costumi, e lavorando con grandi registi, quali Giorgio De Lullo, Luigi Squarzina e Luca Ronconi.

Nel 1977 passa alla regia, con il Don Giovanni di Mozart al Teatro Regio di Torino, ma è negli anni ’80 che si afferma sulla scena internazionale e conquista il pubblico francese reinventando il barocco. In Francia è nominato Chevalier de la Légion d'Honneur, e Officier des Arts et des Lettres, e più recenetemente, in Italia, Cavaliere di Gran Croce.

 

È arduo, forse impossibile, riassumere la sua opera in un’intervista. Pensando a cosa ha caratterizzato la sua ricerca artistica, lei come si racconterebbe?

Architetto dell’Effimero.

 

Azzardo una domanda personale sulla sua giovinezza e sui suoi studi di architettura. Ci fu un momento preciso in cui capì che non sarebbe diventato un architetto di edifici, ma di spettacoli, di atmosfere e di emozioni?

Da quando in tenera età ho scoperto il Teatro, ho sempre saputo che sarebbe stato il mio Mondo. Da questa passione e dalla formazione di Architetto è nata la prima scelta: diventare Scenografo. Per mia fortuna ho preso questa decisione giovanissimo, il che mi ha permesso di avere davanti a me un lungo percorso. Ho subito capito che era indispensabile occuparsi dei Costumi, e più tardi è diventato logico prendersi la responsabilità totale dello spettacolo, diventando Regista.

 

Aldilà dei giudizi, dei premi e di tutto ciò che si è scritto su di lei, c’è uno spettacolo, o più di uno, a cui tiene particolarmente?

Tutti gli spettacoli hanno avuto una buona ragione per essere stati concepiti e non posso rinnegarne nessuno, perché in diversa misura tutti hanno contato qualcosa, anche i meno riusciti. A volte mi hanno insegnato più di quelli più celebrati. Tra centinaia di spettacoli non ne prediligo nessuno.

Ognuno è stato in qualche modo un'esperienza significativa.

 

Nel paese ormai si parla solo di soldi, di tasse, di tagliare le spese inutili, o presunte tali. Sperando che chi di dovere ci legga, e si faccia persuadere almeno dalle sue parole, ci spiega perché con la cultura si mangia?

Certo, si parla di crisi, ma in sessant’anni di carriera io ho sempre faticato a persuadere i miei committenti. I soldi erano sempre pochi, anche nei momenti di maggior euforia economica ho ricevuto puntualmente raccomandazioni a spendere il meno possibile. Nel tempo mi sono abituato a pensare ad un teatro etico, nel quale ci fosse solo quello che è necessario, senza però rinunciare alla qualità. La cultura è necessaria, il Teatro è un servizio sociale. Io ho vissuto per la cultura, e anche materialmente di cultura.

 

A parte le ovvie questioni economiche, secondo lei di cosa ha bisogno oggi il mondo del teatro? E cosa vede per il futuro?

Ha bisogno di fiducia, di idee. Il futuro è in mano ai giovani, che con coraggio e idee nuove, sappiano guardare in avanti.

 

È difficile vedere dei giovani a teatro, anche se si tratta di prosa: se una volta erano rapiti dalla televisione, oggi sono rapiti da internet e dallo sfavillio della tecnologia. Ci aiuta a fargli capire cosa si perdono se trascurano il teatro?

Non mi sento di generalizzare. Oggi alla prova generale di Alceste al Teatro La Fenice la sala era strapiena e ho visto e persino incontrato tantissimi giovani. Certo ci si deve impegnare ad accendere la loro curiosità, dando ai giovanissimi l’occasione di scoprire il Teatro, aprire a loro delle prospettive sulla immaginazione.

 

Oggi, i giovani che vorrebbero entrare nel mondo del teatro, sono ostacolati da mille difficoltà che gli rendono quasi impossibile tramutarlo in un mestiere. Non le chiedo il segreto del successo, bensì le chiedo: come fare per non scoraggiarsi?

Fare come ho fatto io: lasciarsi sedurre dal fascino del Teatro, e seguire con determinazione il proprio istinto.

L’Architetto dell’Effimero, Pier Luigi Pizzi
   
Alessando Paolucci

Un diploma da perito informatico per semplificarsi la vita, una laurea in filosofia per complicarsela e grossi problemi di dipendenza dai social network, il tutto mediato da un uso frequente e irresponsabile del motto "a mali estremi rimedi strani