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Qual è il futuro del giornalismo? In evidenza

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Qual è il futuro del giornalismo?
Due giorni fa, a Perugia, ha avuto inizio la nona edizione del Festival Internazionale del Giornalismo

Per l’occasione ogni studente della Comunità Europea era invitato a spremere le meningi e partecipare al contest indetto da Amazon – main sponsor del festival – Qual è il futuro del giornalismo?, rispondendo all’ardua domanda con un saggio inedito di massimo 2000 parole. Ricco il bottino. Cito, ché è meglio:

 “I cinque saggi vincitori verranno pubblicati su La Stampa, El Pais, The Guardian e DWDL.de durante la settimana del Festival, e Amazon sosterrà i costi di trasporto e alloggio dei vincitori per assistere al Festival di Perugia (15-19 Aprile)”.

Perché non provare, mi sono detta.

Sono a Londra per un tirocinio giornalistico, d’altro canto.

Se riuscissi a vincere potrei tornare(gratuitamente) in Italia, ho concluso.

Ecco allora che mi sono cimentata in questa impresa direttamente da Londra.

Ovviamente non ho vinto, manco a dirlo.

Non contenta, sono persino tornata a casa per seguire il festival.

E però il mio parto voglio farvelo leggere, ché in fondo mi ci sono impegnata.

Segue nota esplicativa. Che non si aprano polemiche sul retrogusto femminista che ne traspare, pertanto.

I cinque saggi vincitori sono tutti stati scritti da donne. Vi invito a leggere qualche informazione sulle vincitrici nonché i loro testi, non appena saranno pubblicati. Rosicate un po’ insieme a me, ve ne prego!

 

 

Qual è il futuro del giornalismo?

Sono io.

Io e le persone che mi circondano.

Le persone che mi circondano ed il mondo che abitano.

Il mondo che abitano e la rete che lo avvolge.

È tutto qui il futuro del giornalismo, tutto contenuto in questa sfera che ci permette di guardare attraverso se stessa pur non essendo di cristallo, di frugare nei suoi meandri più bui all’insegna della trasparenza.

In un mondo subissato dalle informazioni, il giornalista del futuro dovrà fare luce laddove regnano le tenebre, creare ordine separando all’orizzonte il cielo dalla terra.

Infine, dovrà ricreare l’uomo.

Si cimenterà in questa impresa plasmando un nuovo tipo di pubblico: affamato di notizie, assetato di verità. E dirà che è cosa buona.

Completerà la sua opera forgiando da una costola dell’homo novus un nuovo tipo di giornalista: assetato di verità, affamato di notizie. E dirà che è cosa molto buona.

In un mondo subissato dalle informazioni, il giornalista del futuro dovrà promuovere un’informazione libera ma regolata.

I cristalli liquidi soppianteranno la carta inchiostrata, è probabile.

I mezzi di comunicazione digitale prenderanno definitivamente il sopravvento su quelli analogici, è certo.

Poco importa, in realtà. Ciò che conta è che s’intraprenda la via dell’informazione autentica: verificabile, non semplicemente verificata; di qualità, non semplicemente di quantità.

Il futuro del giornalismo è un’informazione capace di farsi controinformazione, liberamente a disposizione di chiunque voglia conoscere la verità dei fatti senza pretendere di possederla.

Semplice a dirsi, difficile – forse impossibile – a farsi: perché sempre più e più velocemente, oggi, il mondo dell’informazione scade in circo mediatico e chiunque si erige ad opinionista. Ne va del futuro del giornalismo, la cui autorevolezza viene meno e il cui profilo si fa sempre più sfumato. Occorre una mano capace di ridisegnarlo.

Nuovo umanesimo: il futuro del giornalismo è nelle mani del giornalista del futuro.

Compito arduo, rasente l’utopia. Ma non senza speranza: la palingenesi non procede ex novo. Come una fenice, essa prende forma nel tempo che è stato, vive nel tempo che è, si rigenera nel tempo che sarà. Come una fenice, essa trarrà dalle proprie ceneri la forza dirompente attraverso cui il giornalista del futuro forgerà il futuro del giornalismo.

Non c’è futuro senza presente, non c’è presente senza passato.

 

Capitolo I – Ghost of Journalism Past

Sbatti il mostro in prima pagina – Emblema del giornalista cui è bene guardare per il solo motivo di tenersene alla larga, Giancarlo Bizanti, caporedattore de Il Giornale, tesse l’elogio di quell’informazione cui nessun giornalista di nessun tempo dovrebbe mai appellarsi.

Un cittadino onesto che lavora e produce reddito, amante dell’ordine in un paese che versa nel caos – afferma il Bizanti – dovrebbe poter tornare a casa, di sera, aprire Il Giornale e sentirsi rassicurato. Non è lui il responsabile dei mali del mondo. Perché farlo sentire tale?

Ecco allora che “Disperato gesto di un disoccupato. Si brucia vivo padre di cinque figli” diventa “Drammatico suicidio di un immigrato – sin. “Calabrese” – rimasto senza lavoro”. Il cittadino onesto che lavora e produce reddito potrà approfondire la notizia, volendo; tuttavia, non sarà il senso di colpa atavico che ogni Uomo cova nella propria anima, e sul quale fanno leva un titolo ed un occhiello provocatori, che l’avrà costretto a farlo.

Semantica applicata all’informazione.

 

Capitolo II - Ghost of Journalism Present

Je suis Charlie – Emblema della libertà d’espressione cui il giornalismo guarda, di lontano e superficialmente, solo se violata, la lotta intrapresa dall’Uomo di ogni tempo per affermare il diritto di dar voce alle proprie opinioni ha origini eterne.

Libertà di, non da: ogni realtà che pretenda di essere tale ha dei confini che la delimitano. Anche la libertà, soprattutto la libertà d’espressione.

La questione è delicata: viviamo in un presente che ha fatto sua non la libertà d’espressione ma la libertà d’espressione sulla libertà d’espressione. Il pericolo è ch’essa stessa perda di valore: la rete d’opinioni – tutte ugualmente valide – che la circonda, con le sue maglie fitte, rischia infatti di soffocarne il respiro, ed il giornalista, che dovrebbe poter esercitare – mai inconsapevolmente – la libertà d’espressione per svolgere il proprio lavoro, cade lui stesso in trappola.

Gli effetti di questo perverso meccanismo sono sotto gli occhi di tutti: si attenta alla vita di un Uomo, si discute sulla validità della libertà d’espressione ch’egli ha scelto per il proprio giornale. E si esprimono pensieri tra i più disparati, tutti ugualmente veri, tutti ugualmente falsi.

La libertà è libera per definizione.

La libertà è limitata per definizione.

L’Informazione vera, quella con la I maiuscola, non guarda in faccia a niente e a nessuno.

L’Informazione vera, quella con la I maiuscola, rispetta tutto e tutti.

Di fronte a una vittima della libertà d’espressione ci sono rabbia e tristezza.

Dietro a una vittima della libertà d’espressione ce ne sono centomila che non hanno mai avuto voce.

Il giornalismo, in occasioni simili, rischia di non avere un futuro. Ogni sua analisi è scontata, ogni suo giudizio arbitrario e privo di autorevolezza. Il mostro da sbattere in prima pagina, la Verità, non è poi così facile da domare: ha infiniti volti, tutti diversi in superficie, tutti ugualmente insondabili in profondità.

 

Capitolo III – Ghost of Journalism Yet to Come

Qual è il futuro del giornalismo? – Indossa una lunga veste nera e ci porge la sua mano esile ed evanescente. Il futuro del giornalismo ci proietta in uno scenario a tinte fosche; è tutt’altro che roseo.

Le premesse, d’altronde, sono inequivocabili: l’informazione si arrischia verso un futuro sempre più oscuro, talmente oscuro da renderla prossima alla cecità.

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

In un tempo in cui l’informazione sarà mossa dalla sola volontà di autoregolarsi, il giornalista cesserà di avere un profilo delineato e la sua voce non avrà eco. Finirà per perdere d’importanza, diverrà un opinionista fra tanti. La mancanza di autorevolezza ascrivibile ad alcuni giornalisti, oggi, sarà estesa a ciascuno di loro, domani.

D’altro canto, è forse questa la giusta fine per un giornalismo votato al chiacchiericcio querulo informato e sordo, come spesso accade in questo nostro presente.

Il fantasma del giornalismo futuro viene a mostrarci la fine di un’era. A seguire, nulla sarà più come prima.

Ma. C’è pur sempre un Ma. Niente è realmente perduto laddove esiste anche solo un barlume di speranza. Nonché di professionalità. L’uomo che sogna, oggi, di poter diventare un giornalista, domani, è lui stesso questa speranza. La sua voglia di fare, di migliorare lo stato in cui versa la comunicazione, di trovare una soluzione alla disinformazione e alla cattiva informazione, tutto ciò permetterà a questo barlume di trasformarsi in una luce rischiarante ed indagatrice.

Credere che la terra, in tal modo, non avrà più il suo lato oscuro è una pretesa irreale ed irrealizzabile. È una consapevolezza, questa, di cui non bisogna mai perder traccia: già molti decenni prima della venuta del giornalista del futuro qualcuno avrà parlato dell’impossibilità di afferrare la verità nella sua interezza. Quella finalizzata al conseguimento della verità, piuttosto, è una ricerca destinata a non avere posa, alla stregua di un albero in crescita che più s’innalza più si ramifica. Ciò nonostante e proprio per questo essa merita di essere intrapresa, domani come oggi, oggi come ieri. Nessuno, infatti, può dirsi immune di fronte al fascino esercitato da suddetta verità: tangibile o sfumata che sia, essa deve necessariamente essere la causa prima ed il fine ultimo dell’Informazione, sia per chi informa sia per chi viene informato.

Solo così, in un futuro in cui vi saranno più informazioni che fatti, il giornalista cesserà di essere un fantasma e riacquisterà il profilo che gli spetta. A lui l’onore e l’onere di tracciare linee guida, perché vi sarà sempre più bisogno di qualcuno in grado di indicare la via. A lui l’onere e l’onore di aprire gli occhi, sia i propri sia quelli del pubblico pagante, di fronte alla controinformazione. A lui l’onore e l’onere di utilizzare adeguatamente i mezzi di comunicazione che avrà a sua disposizione, per un’informazione d’effetto ma non spettacolarizzata. A lui l’onere e l’onore di selezionare le notizie da riferire, mai celando la propria opinione, mai tenendo in considerazione soltanto questa. Infine, ma non per importanza, il giornalista del futuro dovrà rispettare se stesso prima ancora degli altri: solo così potrà offrire loro un’informazione di qualità, la medesima ch’egli avrà preteso per se stesso.

Nuovo umanesimo: il futuro del giornalismo è nelle mani del giornalista del futuro.
Qual è il futuro del giornalismo?
   
Ludovica Marani

Mi chiamo Ludovica, ho passato il quarto di secolo e nel mio tempo libero adoro fare illustrazioni. Sono perugina, ma vivo a Londra ormai da un po'. Vi ricorderete forse quanto l'ho odiata questa città. Diario di bordo, la rubrica che curavo per Piacere Magazine quando mi trasferii di qua dalla Manica, ne è la riprova. Chi l'avrebbe mai immaginato che a un paio d'anni di distanza mi sarei sentita come a casa, qui. Sarà Porks in Wings, il mio blog illustrato, a parlare per me, di me, del mio precario equilibrio vita-lavoro tra Perugia e Londra.