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L'editoriale n.113

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Come possiamo combattere il terrorismo se ogni volta che il terrorismo ci colpisce passiamo le giornate sui social a combattere fra di noi?

Lo so, sta diventando un chiodo fisso, ma la situazione trasporti in cui l'Umbria continua a galleggiare esanime, non è più accettabile.

Se, tolta la superstrada per Civitanova Marche, non c'è una strada degna di tale nome in tutta la regione, se l'aeroporto continua ad avere enormi difficoltà a decollare e coinvolgere compagnie aeree capaci di far fare il salto di qualità, se sul fronte ferroviario non si riesce ancora ad agganciare neanche l'ombra di un'Alta Velocità per Milano, mentre a regioni come la Basilicata l'operazione è perfettamente riuscita, è inutile continuare a nascondersi dietro un dito: le responsabilità sono in tutto e per tutto della politica.

Quali sono i progetti sul fronte delle infrastrutture e dei trasporti che la Regione sta portando avanti? Quali gli impegni presi dal Governo? Quali le strategie della nostra Giunta su medio e lungo periodo? La sensazione, suffragata anno dopo anno dai fatti, è che non esista strategia, che si navighi a vista senza idee chiare, sempre più presi dalla convenienza del momento (oggi la Medio Etruria, domani un pallido sondaggio col Frecciarossa che ferma ad Arezzo ma ben attenti a non scontentare i varii comuni di vattelapieve dove l'Alta Velocità non potrà arrivare, non sia mai che si scontenti qualcuno), dopodomani improvvisando qualche improbabile tratta con l'aeroporto. Ma in tutto questo dov'è la strategia? Che cosa sta davvero facendo la regione per collegare l'Umbria non dico al resto del mondo ma almeno al resto d'Italia?

Certo se c'è da promuovere un evento negli Stati Uniti, in Brasile o in Cina, non si bada a spese, i dirigenti e i politici partono in pompa magna promettendo che stavolta sì il pellegrinaggio a spese dei contribuenti sarà foriero di messi, anche se poi non è mai dato sapere quando verrà il momento del raccolto. Ma la verità è che dietro a queste gite premio non si cela nessuna strategia se poi per arrivare nella nostra regione mancano le basi, l'ABC della viabilità: un'autostrada, un treno ad Alta Velocità, un collegamento veloce, frequente e razionale con Roma o Milano.

Che cosa vogliamo promuovere se non sappiamo neppure come farli arrivare i turisti? Se a volte abbiamo difficoltà persino noi per uscire da questa regione? Certo, possiamo continuare a prendercela con il terremoto e con la pessima informazione della stampa, ma se il turismo cala e, soprattutto, non cresce, se continuiamo a essere un'enclave isolata e semi-irraggiungibile non possiamo più continuare a cercare alibi. La responsabilità è di chi governa questa regione da più di 50 anni. E sta ai responsabili invertire la rotta costruendo e comunicando strategie concrete e di rapida attuazione sul fronte dei trasporti.

Ne va dell'interesse dei cittadini. Ma vi svelo un segreto, amici politici: ne va anche del vostro di interesse, perché ho la sensazione che se non rovesciate questa inerzia, alla prossima tornata elettorale sarete chiamati a pagare il conto. E, contestualmente, sarete allontanati da tavola.
L'editoriale n.113
   
Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.