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Io perché la chiamino dolce attesa non l’ho mica capito In evidenza

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Io perché la chiamino dolce attesa non l’ho mica capito
All'inizio c'è l'emozione. Poi quel senso di smarrimento, di angoscia, di terrore, sì, diciamocelo, di terrore perché capisci che la tua vita, così come la conosci, cambierà per sempre.
Per alcune è poi il momento delle nausee mattutine, per altre arriva una fame senza fine, una voglia insaziabile di cibo che non passa mai. E quando dico mai, intendo mai, ore più buie della notte incluse.

Poi c'è il reflusso, l'acidità di stomaco, la difficoltà a digerire anche un'insalata tu che prima digerivi anche la peperonata alle 11 di sera, la pipì 54 volte al giorno, il fiato corto, la difficoltà di dormire per una notte di fila. La sciatica, il mal di schiena, le caviglie gonfie, le mani gonfie, la faccia gonfia, le ginocchia gonfie, la camminata da papera, l'impossibilità di allacciarsi le scarpe, la leggiadria di un elefante in un negozio di cristalli, il diabete gestazionale, la toxoplasmosi che se non l’hai avuta allora il cibo, quasi tutto, diventa veleno.

I vestitini da scegliere, la valigia da preparare, il “nido” da preparare, i tomi di pedagogia da studiare a memoria, le domande sul sesso del nascituro alle quali rispondere ogni giorno, più e più volte al giorno.

Infine c'è il parto, quella cosa che nella Genesi, per punizione divina (ripeto, punizione divina) fu inflitta alla donna con un simpatico incoraggiamento del tipo: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli".

A seguire i punti, la stitichezza, il pavimento pelvico che è tutto da rifare, l'allattamento, le ragadi, la mastite, le notti insonni.

E ancora la chiamano dolce attesa.

Io perché la chiamino dolce attesa non l’ho mica capito
   
Lucrezia Sarnari

31 anni. Giornalista, mamma e blogger. Non necessariamente in questo ordine